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Il Monte Brione

 

Luglio, tardo pomeriggio. Italia, provincia di Trento. In auto lungo la strada che porta da Nago a Riva del Garda.

“Papà, guarda quel monte, sembra un grande disco volante precipitato!”

“Matteo, lascia in pace papà che deve guidare.”

“Ma mamma, lo deve vedere. È enorme, e sul fianco si sono accese delle luci! È veramente un’astronave! Guarda papà.”

“Matteo, la strada è piena di curve e non posso guardare dove vuoi tu, è troppo pericoloso.”

“Va bene. Però si sono accese le luci dell’astronave. Forse partirà fra poco.”

 

Centrale di Spini di Gardolo, provincia di Trento, stessa ora.

Dati in arrivo da Cima Paganella, inviati dalla stazione sismometrica di Monte Varagna e dalle stazioni vicine.

“Ecco. C’è qualcosa che arriva e io non so cosa fare. Quella scema di Anna mi ha detto che non succede mai niente, che non c’era nessun problema a sostituirla. Che lì non veniva mai nessuno a controllare.

Però adesso, sullo schermo del computer ci sono dati in arrivo. Eccoli lì. Ed io che faccio? E se arriva un controllo cosa dico? Scusate, io sono un addetto alle pulizie. Sto sostituendo la mia amica che sta pomiciando da qualche parte col suo ragazzo, ma è tutto a posto. Qui non succede mai niente.”

 

Stazioni televisive di tutto il mondo.

“Interrompiamo i programmi in corso per una notizia appena arrivata.

Uno sconvolgimento tellurico di grandi proporzioni ha distrutto una vasta area in Italia. Più precisamente nelle regioni del Trentino Alto Adige, Lombardia e Veneto, ma non disponiamo ancora di dati precisi. Il fenomeno potrebbe interessare anche il resto del Nord Italia.

A quanto ne sappiamo l’epicentro dovrebbe essere situato nella zona di Riva del Garda, nella regione del Trentino Alto Adige che ora non esiste più.

Un aggiornamento in arrivo: mi dicono che il punto d’origine sia il Monte Brione, un rilievo che sovrasta… scusate, che sovrastava la zona di Riva del Garda – Torbole.

Il sisma, di magnitudo dieci punto tre, è stato rilevato dalle stazioni dell’intero globo, dalla Cina agli Stati Uniti.

Per adesso non abbiamo altre notizie e attendiamo aggiornamenti.

Ecco. C’è un’altra notizia in arrivo, ma non sappiamo se sia collegata alla precedente.

Sembra che un oggetto non identificato di proporzioni enormi si stia allontanando nello spazio a velocità non misurabile. E dai satelliti che lo stanno filmando arrivano le immagini… è partito da… dal Monte Brione. Quasi che il Monte Brione stia volando via…”

 

“Sede centro operativo a Nave Automat Uno, inviare rapporto.”

“Nave Automat Uno, invio rapporto.

Pianeta classe sei, chiamato Terra, inseminato. Missione compiuta con successo.

Il pianeta è stato raggiunto da Nave Automat Uno nel periodo stimabile in duecentomila anni terrestri fa. La Nave è atterrata sull’emisfero nord e si è inserita nel paesaggio circostante fino a farne parte.

Il Progetto Inseminazione è iniziato subito e ha dato origine alla specie umana chiamata in seguito Homo Neanderthalensis.

Il soggetto si è poi incrociato, come da programma, con il soggetto Homo Sapiens inseminato in precedenza nell’emisfero sud, e ora la nuova specie ha popolato l’intero pianeta.

La ripartenza di Nave Automat Uno è stata ritardata di circa novemila anni terrestri per guasti subiti durante l’atterraggio. I robot riparatori hanno compiuto il loro lavoro e dopo il collaudo Nave Automat Uno è ripartita.”

“Sede centro operativo a Nave Automat Uno. Ci sono stati danni collaterali?”

“Nave Automat Uno. La ripartenza ha causato lievi danni al territorio. Si stima che sia stata distrutta un’area di circa mille chilometri quadrati. La causa è da imputare alla notevole profondità in cui la Nave è venuta a trovarsi dopo l’atterraggio.”

“Sede centro operativo a Nave Automat Uno. La distruzione dell’area potrebbe vanificare il progetto Inseminazione?”

“Nave Automat Uno. È escluso. Su una popolazione globale di sette miliardi di individui, l’area distrutta dovrebbe avere avuto circa centoventi mila individui. Quindi il progetto è da considerarsi riuscito.”

 

Lorenzo Signorini, 3 luglio 2017

La maglia

La maglia è di colore bianco panna, sembra di lana ma è in Lavlar, una fibra di nuova invenzione.

Si può indossare per un giorno intero, poi basta immergerla in acqua fredda per dieci secondi e infine strizzarla. Altri dieci secondi e sarà perfettamente asciutta, non serve stirarla.

È confezionata in varie fogge, sia femminili sia maschili, e in tutte le taglie; il prezzo è unico e fisso: duecento euro.

Si trova nei negozi ma le consegne sono contingentate, un invio settimanale di un capo per ogni taglia e modello.

Il lancio del prodotto fu un successo, vendite immediate con poca pubblicità. I social media, guidati abilmente dallo staff pubblicitario, fecero sì che la conoscenza del prodotto arrivasse in ogni angolo della terra.

Poi fu la volta dei pantaloni. Foggia unica unisex in tutte le misure e consegne sempre contingentate.

A questi seguirono intimo, calzini e scarpe. La gente faceva la fila per ore davanti ai negozi perché i prodotti Lavlar erano considerati ormai indispensabili.

Erano antibatterici, quindi non potevano puzzare e non facevano puzzare neanche chi li indosssava. Termoregolatori e impermeabili ma traspiranti. Andavano bene sia in estate, sia in inverno.

Antimacchia per qualsiasi liquido e solido, insomma erano il meglio di quanto si potesse desiderare.

Infine seguirono guanti, berretti, sciarpe e passamontagna per le zone più fredde del pianeta, ma le consegne erano sempre contingentate.

La Lavlar creò un prodotto ma anche un fenomeno di costume. I capi Lavlar erano la moda, nessuno voleva più altri prodotti.

Ci fu qualche tentativo di imitazione, ovviamente a minor prezzo, ma tutti i prodotti rimasero invenduti.

Gli stabilimenti di produzione Lavlar erano ormai diffusi in tutto il pianeta ma nessun estraneo poteva entrarci. La sicurezza e il segreto industriale erano prioritari.

Chi vi lavorava conosceva solamente le sue mansioni e basta. Solo ai vertici c’erano poche persone al corrente di tutta la filiera e nessuno le conosceva.

Il fatto cominciò a incuriosire, i primi ad indagare furono i media, poi la voglia di sapere si diffuse fra le popolazioni. Qualche fanatico pensò ad un complotto e l’idea fece presa fra i ceti più bassi.

Lavlar aveva ormai il monopolio del mercato dell’abbigliamento, quale sarebbe stata la prossima mossa? Il settore alimentare?

Forse miravano al dominio del mercato globale. Al dominio del mondo.

Il movimento di opinione crebbe dal basso fino a coinvolgere tutti gli strati sociali.

I maggiori giornali del mondo pubblicavano titoli allarmanti e articoli pieni di interrogativi. Le notizie furono riprese da televisioni e radio, e fiorirono inchieste.

Ci furono accuse e denunce.

Cos’era il prodotto Lavlar? Da dove o da cosa si ricavava? Quali erano le mire nascoste della multinazionale?

Il Lavlar era tossico e non si sapeva? Che effetti avrebbe prodotto a lungo termine?

E gli operai degli stabilimenti erano a rischio salute?

Lavlar non dava nessuna risposta, secondo loro era semplicemente un business che funzionava benissimo e il segreto aziendale era tutelato dalla legge.

Lavlar uguale veleno. Lo slogan si diffuse.

Iniziarono le azioni di forza con assalti alle sedi, ci furono scene di guerriglia con feriti e morti. Questo alimentò ancor di più la voglia di combattere quel nemico misterioso che un tempo rendeva tutti soddisfatti.

Se non capisci, distruggi!

Gli stabilimenti Lavlar furono tutti rasi al suolo e i dirigenti uccisi.

Cos’è il Lavlar? Cos’era?

 

Lorenzo Signorini, 2 aprile 2013

 

 

L'attacco

Il lavoro in quella zona era iniziato da circa un mese; i nostri ricognitori avevano individuato l’area e segnalato un prodotto di buona qualità, così fui assegnato a quella stazione.

Arrivai poco prima dell’alba e iniziai il prelievo, eseguivo dei saggi periodici per controllare che la qualità del prodotto avesse sempre le medesime caratteristiche.

Feci vari voli di rifornimento ma durante un ritorno alla stazione mi arrivò un segnale d’allarme, la sede centrale era sotto attacco.

Era la prima volta nella mia carriera di rifornitore che sentivo quel segnale, un impulso riconoscibile, senza bisogno d’altro.

Le nostre comunicazioni si erano evolute a tal punto che non serviva più di un solo impulso, differenziato secondo le necessità. Arrivava diritto al cervello e implicava una reazione immediata.

In una frazione di secondo invertii la rotta e tornai alla sede.

L’attacco era attuato da un’entità non classificabile, mi diressi subito nell’area centrale, da lì si doveva difendere a tutti i costi la zona madre.

Appena arrivato, fui avvolto da una nube tossica, l’attacco era violentissimo e mi portai nella fascia di protezione più sicura, sotto la zona madre, dove c’erano i sistemi di sicurezza e salvataggio.

Mi fermai un attimo e guardai in alto; molti rifornitori e cacciatori tentavano una reazione ma cadevano all’istante.

La nube tossica aveva già decimato quasi tutta la flotta in volo.

Mi portai sempre più in basso, dove c’erano i magazzini più vecchi e vi trovai un gruppo di guardiani; l’uscita a sud era sbarrata, l’attacco era stato portato su entrambi i fronti. Mi resi conto che non c’era scampo.

Dalle fessure dello sbarramento iniziò a filtrare gas, eravamo alla fine.

Attivai il registratore neuronale, oltre l’uscita si sentivano suoni e rumori; questa registrazione servirà per le squadre di soccorso se mai arriveranno, noi comunque saremo già tutti morti.

Nessuno di noi riusciva a capire il significato di quei suoni, se le prossime generazioni riusciranno a decifrarli, forse eviteranno stragi future.

Ormai il mio sistema nervoso era al collasso; iniziarono le convulsioni e l’ultima cosa che feci, fu di assicurarmi che il registratore fosse in funzione. Morii ascoltando quei suoni alieni.

 

“Ecco fatto signora, i calabroni ormai sono tutti morti; questo nuovo spray per gli imenotteri è il più efficace in commercio. Certo che quelle bestie fanno proprio impressione, ha sentito quanto forte era il ronzio. Adesso siamo in settembre, fra due settimane tornerò e toglierò il nido dalla canna fumaria che per ora è sigillata con la pellicola in PVC, poi potrà accendere il caminetto in tutta tranquillità. Arrivederci.”

 

 

Lorenzo Signorini 28 settembre 2012

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